FOCUS SU: ETICHETTATURA ED INDICAZIONI OBBLIGATORIE NELLA VENDITA DEL PANE (parte 1°)

In relazione alle recenti polemiche in materia di etichettatura dei prodotti alimentari in generale e modalità di compilazione dei cartellini di vendita del pane nonché indicazioni relative alla vendita dei prodotti di pasticceria sfusi e confezionati, si ritiene utile riassumere alcune regole generali da seguire nella compilazione di etichette e cartellini di vendita in generale.

AVVERTENZA GENERALE: IL DOCUMENTO CHE SEGUE E’ FRUTTO DI UNA NOSTRA SPECIFICA ELABORAZIONE ED INTERPRETAZIONE DELLE NORME VIGENTI.  SEPPURE IN MOLTE PARTI ELABORATA ALLA LUCE DI CONFRONTI IN SEDE MINISTERIALE E LOCALE CON GLI ORGANI DI VIGILANZA, ESSA RICHIEDE COMUNQUE SCRUPOLO ED ATTENZIONE NEL SUO UTILIZZO.

 L’UNIONE REGIONALE NONCHE’ GLI UFFICI DELLE ASSOCIAZIONI PROVINCIALI SONO  A DISPOSIZIONE PER OGNI ALTRO DUBBIO O CHIARIMENTO.

INOLTRE, I NOSTRI UFFICI SONO A DISPOSIZIONE PER L’EVENTUALE COMPILAZIONE DI SPECIFICHE ETICHETTE O CARTELLINI DI VENDITA DEL PANE E DEI PRODOTTI DA FORNO.

SAREMO GRATI A TUTTI COLORO CHE VORRANNO INTERVENIRE SULL’ARGOMENTO E CONTRIBUIRE AD UNA SEMPRE MIGLIORE COMPRENSIONE ED APPLICAZIONE DELLE NORMATIVE.

La norma di base in materia di etichettatura può essere considerato il D.Lgs 109/92. Anche se lo stesso è stato successivamente modificato ed integrato in molte parti da norme successivamente emanate in sede nazionale e da nuovi regolamenti comunitari, essa rimane comunque un elemento fondamentale di riferimento in questa tematica.

L’esame che segue comunque esamina il D.lgs 109/92 alla luce delle modifiche successivamente intervenute, particolarmente del DL 181/2003 e deiregolamenti nazionali e comunitari nel frattempo emanati.

Prima di tutto è necessario comprendere esattamente che cosa la legge intende esattamente con le seguenti definizioni:

ETICHETTATURA: l’insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo, o, in mancanza, sui documenti di accompagnamento del prodotto alimentare;

PRODOTTO ALIMENTARE PRECONFEZIONATO : l’unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore ed alle collettività, costituita da un prodotto alimentare e dall’imballaggio in cui è stato immesso prima di essere posto in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata; Non sono considerati preconfezionati i prodotti alimentari non avvolti da alcun involucro nonché quelli di grossa pezzatura anche se posti in involucro protettivo, generalmente venduti previo frazionamento; le fascette e le legature, anche se piombate, non sono considerate involucro o imballaggio

PRODOTTO ALIMENTARE PREINCARTATO l’unità di vendita costituita da un prodotto alimentare e dall’involucro nel quale è stato posto o avvolto negli esercizi di vendita;

CONSUMATORE il consumatore finale nonché i ristoranti, gli ospedali, le mense ed altre collettività analoghe, denominate in seguito «collettività».

QUANTITÀ: La quantità netta di un preimballaggio è la quantità che esso contiene al netto della tara.

 

INGREDIENTI: Per ingredienti si intende qualsiasi sostanza, compresi gli additivi, utilizzata nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare, ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma modificata.

INGREDIENTE CARATTERIZZANTE EVIDENZIATO (QUID) L’indicazione  della quantità di un ingrediente o di una categoria di ingredienti,  usata  nella  fabbricazione  o nella preparazione di un prodotto  alimentare,  è  obbligatoria,  se  ricorre  almeno  uno dei seguenti casi:

aqualora  l’ingrediente  o la categoria di ingredienti in questione  figuri  nella  denominazione di vendita o sia generalmente associato dal consumatore alla denominazione di vendita;

b)  qualora  l’ingrediente o la categoria di ingredienti sia messo   in   rilievo   nell’etichettatura   con  parole,  immagini  o rappresentazione grafica;

cqualora  l’ingrediente o la categoria di ingredienti sia essenziale  per  caratterizzare un prodotto alimentare e distinguerlo dai  prodotti  con  i  quali  potrebbe  essere  confuso  per  la  sua denominazione o il suo aspetto. A tale proposito il Ministero delle Attività Produttive ha emanato una specifica circolare di chiarimento (CIRCOLARE 31 marzo 2000, n. 165. Linee guida relative al principio della dichiarazione della quantità degli ingredienti (art. 8 del decreto legislativo n. 109/1992) nonché ulteriori informazioni per la corretta applicazione delle disposizioni riguardanti l’etichettatura dei prodotti alimentari).

 

DENOMINAZIONE DI VENDITA: La denominazione di vendita di un prodotto alimentare è la  denominazione prevista per tale prodotto dalle disposizioni della Comunità   europea   ad   esso  applicabili.  In  mancanza  di  dette disposizioni  la denominazione di vendita è la denominazione prevista dalle   disposizioni   legislative,  regolamentari  o  amministrative dell’ordinamento italiano, che disciplinano il prodotto stesso.

                   TERMINE MINIMO DI CONSERVAZIONE: la data fino alla quale  il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate  condizioni  di  conservazione;  esso  va  indicato  con  la dicitura  “da  consumarsi  preferibilmente  entro …” quando la data contiene  l’indicazione  del  giorno o con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro la fine …” negli altri casi.

                   DATA DI SCADENZA: è la data entro la quale il prodotto alimentare va consumato; essa va indicata con la dicitura «da consumarsi entro» seguita dalla data oppure dalla indicazione del punto della confezione in cui essa figura.

LOTTO: Per lotto si intende un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze praticamente identiche. I prodotti alimentari non possono essere posti in vendita qualora non riportino l’indicazione del lotto di appartenenza.

VENDITA DEI PRODOTTI SFUSI : I prodotti alimentari non preconfezionati o generalmente venduti previo frazionamento, anche se originariamente preconfezionati, devono essere muniti di apposito cartello, applicato ai recipienti che li contengono ovvero applicato nei comparti in cui sono esposti.

              Naturalmente, ognuna delle definizioni sopra richiamate è accompagnata nel testo normativo da dettagliate indicazioni conseguenti alla loro applicazione pratica ivi compresi i casi particolari nei quali si può derogare in tutto o in parte dalla norma. Così, ad esempio, alla definizione di ETICHETTATURA  fa seguito un precisa serie di indicazioni su come un’etichetta deve essere compilata, quali indicazioni deve contenere ed in quale modo debbono essere elencate; analogamente, per LOTTO, DATE DI SCADENZA e TERMINE MINIMO DI CONSERVAZIONE, la norma stabilisce specifiche regole applicative di volta in volta utilizzabili a seconda del tipo di alimento e delle valutazioni che il produttore esprime sulla sua durata ed il mantenimento delle caratteristiche che gli sono proprie.

In questa sede ci limitiamo ad esaminare esclusivamente le questioni inerenti l’etichettatura e le indicazioni obbligatoriamente previste per la

 

PARTE 1°: VENDITA DEL PANE SFUSO

 

Per gli obblighi generali in materia di etichettatura del pane sfuso, si deve fare riferimento all’Art. 13 del D.Lgs. 181/2003 il quale in linea generale prevede, per la vendita di prodotti alimentari sfusi:

  1. I prodotti alimentari non preconfezionati o generalmente venduti previo frazionamento,anche se originariamente preconfezionati, i prodotti confezionati sui
    luoghi di vendita a richiesta dell’acquirente ed i prodotti preconfezionati ai fini della vendita immediata, devono essere muniti di apposito cartello, applicato ai recipienti che li contengono oppure applicato nei comparti in cui sono esposti.
    2. Sul cartello devono essere riportate:
    a) la denominazione di vendita;
    b) l’elenco degli ingredienti salvo i casi di esenzione.

Permane in ogni caso l’obbligo di indicare sul cartellino dello scomparto del pane anche il nome e l’indirizzo del produttore, e ciò particolarmente nel caso di vendita da parte di azienda diversa dal produttore. Inoltre, nel caso di rivendite di pane che utilizzano più fornitori, il pane di ognuno di essi dovrà essere posto in scaffali distinti e separati per consentire l’identificazione certa di prodotto-produttore anche in caso di pani formalmente uguali per composizione e prezzo.

 Oltre che alle norme generali sopra richiamate, il pane è anche soggetto alle previsioni del  D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502, ( Regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane) le quali hanno in parte modificato la normativa precedente che tuttavia rimane valida per alcune specifiche previsioni ed in particolare ( Art. 17 Legge 4 luglio 1967 n. 580):

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 00 è denominato “pane di tipo 00″.

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 0 è denominato “pane di tipo 0″.

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 1 è denominato “pane di tipo 1″.

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 2 è denominato “pane di tipo 2″.

Il pane prodotto con farina integrale è denominato “pane di tipo integrale”.

Il pane prodotto con semola o con semolato di grano duro, ovvero con rimacine di semola o semolato, è denominato rispettivamente “pane di semola” e “pane di semolato”.

Nei locali di vendita i vari tipi di pane devono essere collocati in scomparti o recipienti separati, recanti un cartellino con l’indicazione del tipo di pane e del relativo prezzo.

Fermo restando quanto sopra,  il DPR 502 ha introdotto alcune importanti innovazioni e precisamente:

AGGIUNTE. L’art. 3 del D.P.R. 502/98 prevede anche che Nella produzione del pane è consentito l’impiego, in aggiunta agli ingredienti previsti dall’articolo 14 della legge 4 luglio 1967, n. 580, (e cioè  sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune) anche delle seguenti sostanze:

a) farine di cereali maltati;

b) estratti di malto;

c) alfa e beta amilasi ed altri enzimi naturalmente presenti negli sfarinati utilizzati;

d) paste acide essiccate, purché prodotte esclusivamente con gli ingredienti previsti dagli articoli 14 e 21 della legge 4 luglio 1967, n. 580. In questo ultimo caso le paste acide essiccate possono essere usate solo per la preparazione del pane di cui al citato articolo 21;

e) farine pregelatinizzate di frumento;

f) glutine;

g) amidi alimentari;

h) zuccheri.

2. Gli estratti di malto e gli zuccheri sono impiegati in quantità inferiori a quelle previste dall’articolo 4.

Un problema specifico si pone quanto al punto c) alfa e beta amilasi ed  enzimi : la norma parla di “naturalmente presenti negli sfarinati utilizzati”. A rigor di logica ciò dovrebbe significare che non sono utilizzabili alfa e beta amilasi ed enzimi che non siano di provenienza dei cereali ma ad esempio, da fonti diverse anche se di origine naturale. Dunque potrebbe sorgere  il problema di garantire l’origine di tali enzimi.

INGREDIENTI PARTICOLARI:  Quando nella produzione del pane sono impiegati, oltre a quelli previsti dall’articolo 14 della legge 4 luglio 1967, n. 580 (sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune (cloruro di sodio) ed alle sostanze  previste e consentite quali  aggiunte (vedi paragrafo precedente),  l’articolo 4 del DPR 502/98, prevede che la denominazione di vendita deve essere completata dalla menzione dell’ingrediente utilizzato e, nel caso di più ingredienti, di quello o di quelli caratterizzanti.

Inoltre, sempre l’articolo 4 del DPR 502/98, prevede anche che:

  • Il pane con aggiunta di sostanze grasse deve contenere non meno del 3 per cento di materia grassa totale riferito alla sostanza secca. (quindi  di questo obbligo va tenuto conto nell’aggiunta di olio, strutto, burro o altri grassi)
  • Il pane con aggiunta di malto deve contenere non meno del 4 per cento di zuccheri riduttori, espressi in maltosio, riferiti alla sostanza secca.
  • Il pane con aggiunta di zuccheri deve contenere non meno del 2 per cento di zuccheri riduttori riferito alla sostanza secca.
  • Le disposizioni di questo articolo si applicano anche al pane di cui all’articolo 21 della legge 4 luglio 1967, n. 580.  La quale prevede che I prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, anche se miscelate con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l’aggiunta alla denominazione “pane” della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata.
  • Lo strutto commestibile, ottenuto dai tessuti adiposi del suino, è designato con la sola parola strutto.        (corollario di questa disposizione è che l’indicazione dello strutto quale ingrediente sta ad indicare che si è utilizzato uno strutto commestibile ottenuto ESCLUSIVAMENTE dalle parti adipose del maiale e non, ad esempio, da altre parti quali pelle, ossa o altro come può verificarsi negli strutti cosiddetti raffinati: dunque attenzione all’origine dello strutto e non solo al prezzo!)

Come si può vedere, questo articolo sottolinea il fatto che quando si utilizzino ALTRI E DIVERSI INGREDIENTI rispetto a quelli indicati sotto la voce AGGIUNTE (oltre naturalmente a farina acqua sale e lievito) tali ingredienti siano da considerarsi caratterizzanti e come tali devono rientrare nella denominazione di vendita (ad esempio, un pane di farina 0 alle olive dovrà avere quale denominazione PANE DI TIPO “0” ALLE OLIVE) . Non solo, ma da ciò consegue anche l’obbligo di indicarne la percentuale utilizzata . Ciò può essere fatto o accanto alla denominazione di vendita oppure nell’elencazione degli ingredienti utilizzati.

Si consideri inoltre, per quanto attiene alle norme relative alle sostanze elencate sotto la voce AGGIUNTE, che quanto previsto dal’articolo  4 del DPR 502/984 “INGREDIENTI PARTICOLARI” non esclude in alcun modo l’obbligo di indicare le sostanze “AGGIUNTE” dall’elencazione degli ingredienti, ma semplicemente non prevede l’obbligo di indicarli quali ingredienti caratterizzanti nella denominazione di vendita. Pertanto, perlomeno a nostro avviso, alfa e beta amilasi, così come altri enzimi “naturalmente presenti negli sfarinati”(vedi osservazione sopra segnalata) dovrebbero sempre essere indicati tra gli ingredienti utilizzati.   

E’ appena il caso di ricordare che i mono- digliceridi degli acidi grassi nonché loro esteri, spesso  presenti in mix e semilavorati per panificazione, non sono considerati quali AGGIUNTE  bensì a tutti gli effetti quali  ADDITIVI  (ed indicati dalle sigle comunitarie E 471 –  E 472) . essi possono venire indicati anche con la sigla E seguita dal numero alla fine dell’elencazione degli ingredienti sotto la loro voce funzionale (ad esempio: EMULSIONANTE : E472).

Diverso e delicato il caso dell’ACIDO ASCORBICO (sigla E 300) che, come noto, è null’atro che la vitamina C: anche in questo caso si tratta di un ADDITIVO a tutti gli effetti, ma lo stesso può essere utilizzato dal produttore di farina semplicemente quale agente di trattamento della stessa ( la sua è una funzione  ANTIOSSIDANTE). L’acido ascorbico è anche soggetto a degradazione naturale per cui dopo un periodo anche modesto di conservazione della farina che lo contiene, dello stesso non rimangono più tracce. In tal caso, non svolgendo alcuna funzione specifica nel pane, l’acido ascorbico non andrà indicato tra gli ingredienti,. Diverso il caso ipotetico nel quale sia il panificatore ad aggiungerlo: anche se la funzione che esso svolge è puramente tecnologica e comunque l’acido ascorbico risulta degradato durante la cottura, nulla vieta di indicarlo ai fini di una migliore informazione al consumatore. Ma che ciò sia obbligatori potrebbe essere discutibile alla luce di quanto previsto dall’art. 7 commi b) e c)  del D.lgs109/92 : Esenzione dall’indicazione degli ingredienti.

b) gli additivi, la cui presenza nel prodotto alimentare è dovuta unicamente al fatto che erano contenuti in uno o più ingredienti di detto prodotto, purché essi non svolgano più alcuna funzione nel prodotto finito, secondo quanto stabilito dai decreti ministeriali adottati ai sensi degli articoli 5, lettera g), e 22 della legge 30 aprile 1962, n. 283;

c) i coadiuvanti tecnologici; per coadiuvante tecnologico si intende una sostanza che non viene consumata come ingrediente alimentare in sé, che è volontariamente utilizzata nella trasformazione di materie prime, prodotti alimentari o loro ingredienti, per rispettare un determinato obiettivo tecnologico in fase di lavorazione o trasformazione e che può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito;

Un discorso a parte riguarda gli ENZIMI: le condizioni per l’uso degli enzimi alimentari sono stabilite dal Regolamento (CE) n. 1332/2008 del 16 dicembre 2008. per “enzima alimentare” s’intende un prodotto ottenuto da vegetali, animali o microrganismi o prodotti derivati nonché un prodotto ottenuto mediante un processo di fermentazione tramite microrganismi. La norma precisa anche che gli enzimi possono essere utilizzati a determinate condizioni : la principale riguarda il fatto cher l’enzima sia incluso nell’elenco comunitario specificatamente previsto. Ciò può avvenire  però solo alle seguenti condizioni:

a) sulla base dei dati scientifici disponibili, il tipo d’impiego proposto non pone problemi di sicurezza per la salute dei consumatori;

b) il suo impiego risponde ragionevolmente ad una necessità tecnologica, e

c) il suo impiego non induce in errore i consumatori. Gli aspetti sui quali i consumatori possono essere indotti in errore riguardano, fra l’altro, la natura, la freschezza e la qualità degli ingredienti utilizzati, la genuinità di un prodotto o il carattere naturale del processo di produzione, o le qualità nutrizionali del prodotto.

Quanto alla loro etichettatura, si noti che il citato regolamento prevede all’articolo 21 modifiche alla Direttiva CE 2000/13/CE ed in particolare :

1) l’articolo 6, paragrafo 4 della Direttiva CE 2000/13/CE è modificato come segue:

a)  per “ingrediente” s’intende qualsiasi sostanza, compresi gli additivi e gli enzimi, utilizzata nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma modificata;”

b) alla lettera c), punto ii), la parola introduttiva “additivi” è sostituita da “additivi ed enzimi”;

c) Tuttavia non sono considerati ingredienti:

i) i componenti di un ingrediente che, durante il processo di fabbricazione, siano stati temporaneamente tolti per esservi immessi successivamente in quantità non superiore al tenore iniziale;

ii) gli additivi ed enzimi:

- la cui presenza nel prodotto alimentare è dovuta unicamente al fatto che erano contenuti in uno o più ingredienti di detto prodotto, purché essi non svolgano più alcuna funzione tecnologica nel prodotto finito,

- che sono utilizzati come ausiliari tecnologici;

Dunque, alla luce di quest’ultima modifica (lettera c) gli enzimi non andrebbero considerati quali ingredienti del prodotto finale (pane) se contenuti in un ingrediente dello stesso purchè non svolgano più alcuna funzione nel prodotto finito (pane). In tal caso non vi sarebbe alcun obbligo di dichiararli nel prodotto finito stesso.

Infine, vale la pena di considerare come la norma risulti poco chiara nel definire se lo strutto vada considerato come caratterizzante o meno: alla luce dell’art. 4  del DPR 502/98 “INGREDIENTI PARTICOLARI” sembrerebbe che esso vada considerato tale a tutti gli effetti, né potrebbe essere sufficiente la previsione del “minimo di sostanza grassa del 3%  “ che sembrerebbe una previsione generica. Se così fosse anche lo strutto anrebbe idica nella percentuale in peso di utilizzo qualora nella denominazione di vendita compaia (ma sembra essere obbligatorio! Il termine “strutto”.  Un chiarimento ministeriale in tal senso sarebbe comunque auspicabile, anche alla luce della circolare del punto 4 comma 2) dell’art. 5 del D.Lgs 109/92 che esclude dall’obbligo di indicare l’ingrediente caratterizzante qualora la sostanza,

4)  pur  figurando  nella denominazione di vendita, non è tale  da  determinare  la  scelta del consumatore per il fatto che la variazione  di  quantità  non  è  essenziale  per  caratterizzare  il prodotto  alimentare,  ne  è  tale  da distinguerlo da altri prodotti simili;

E, in effetti, non vi è dubbio che nel caso del pane tipo….allo strutto, la quantità non risulti essenziale quanto piuttosto lo sia la presenza dell’ingrediente stesso.

DENOMINAZIONI DI VENDITA SPECIFICHE.  Un problema a parte è costituito dalla preparazione di pani con sfarinati diversi. Il pane ottenuto dalla miscelazione di diversi tipi di sfarinati è denominato «pane al» seguito dal nome dello sfarinato caratterizzante utilizzato;  gli sfarinati utilizzati figurano nell’elenco degli ingredienti.

Tale norma  va anche vista alla luce del dettato dell’allegato 1° del Dlgs. 109/92  (come modificato dall’art. 1 del D.P.C.M. del 6 febbraio 1996, n. 175) relativo a  ingredienti per i quali l’indicazione della categoria può sostituire quella del nome specifico. In questo caso la norma prevede che miscele di farine provenienti da due o più specie di cereali possano essere indicate con il termine «Farina» seguita dall’enumerazione delle specie di cereali da cui provengono, in ordine decrescente di peso.

Pertanto, nel caso di pane preparato con due o più sfarinati (ad esempio farina di frumento tipo “0” e farina di farro) nella predisposizione del cartellino la denominazione da indicare sarà PANE DI TIPO “0” E FARRO  mentre, nell’elencazione degli ingredienti, si dovrà indicare : farine di frumento tipo “0” , di farro  (ovviamente nell’ordine di importanza in peso dei due tipi di farina utilizzati)  nonché, a seguire, gli altri ingredienti utilizzati.

TRASPORTO DEL PANE:  In deroga a quanto prescritto dall’articolo 16, comma 8, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, nelle fasi di consegna del pane agli esercizi commerciali, l’elenco degli ingredienti dei diversi tipi di pane, viene fornito in occasione della prima consegna e ogni volta che ne venga variata la composizione.

Ciò significa che ALMENO UNA VOLTA , in occasione della prima fornitura, il panificatore che cede il proprio prodotto SFUSO ad altri esercizi commerciali, sarà tenuto a fornire l’elenco degli ingredienti di ogni tipo di pane consegnato. Sarà cura dell’esercizio commerciale conservare tale elenco o eventualmente richiederne copia. Sarà inoltre bene che il panificatore, in occasione della consegna di tale elenco, ne conservi una copia (magari allegata al DDT di consegna) con data e firma da parte di chi lo ha ricevuto comprovante così l’avvenuta consegna di tale elenco.

SEGUIRA’ LA 2° PARTE

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