Periodicamente gli organi d’informazione si occupano di pane. A volte per il prezzo a volte per lamentarsi che non sia buono altre ancora per insinuare dubbi nell’opinione pubblica sulla genuinità e salubrità del prodotto. Saper rispondere diventa in quest’ultimo caso forse più che in altri fondamentale. Per questo abbiamo preparato una breve nota, necessariamente non esaustiva ma riteniamo comunque utile sull’argomento.
Il termine miglioratori, correntemente utilizzato, è in realtà generico ed improprio poichè non definisce una classe precisa di prodotti ma tutti quegli ingredienti e sostanze che possono concorrere a “migliorare” sotto un aspetto sia organolettico che reologico che di conservabilità un determinato prodotto.
Correttamente le norme comunitarie classificano invece i singoli prodotti o ingredienti a seconda della loro funzione specifica (conservante, antiossidante, ecc.)
E’ pertanto spesso fuorviante l’utilizzo del termine “miglioratore” che induce a credere che la sostanza in questione sia in qualche modo destinata a migliorare il prodsotto finale nel senso di occultarne difetti o di rendere il prodotto artificiosamente più appetibile o genericamente migliore perché, in caso contrario non sarebbe gradito dal consumatore, ingenerando in tal modo, e paradossalmente un concetto di negatività che non ha motivo invece di esistere.
Vale anche la pena di fare un accenno sulla necessità, in relazione alla globalità dei mercati ed alla libera circolazione delle merci, di verifiche attente sui prodotti di panificazione (in particolare impasti crudi e pane precotto surgelato) che provengono da altri paesi comunitari e che in Italia vengono semplicemente o lievitati e cotti al momento della vendita o solo completati nella cottura. Non è das escludere che in tali prodotti vengano utilizzati ingredienti finalizzati alla stabilizzazione dei prodotti ancora crudi o semicotti che debbono essere conservati a vario titolo per periodi anche lunghi con problematiche reologiche e di attività dei lieviti che possono anche essere rilevanti.
E’ evidente che il prodotto fresco che viene prodotto e venduto nelle 24 ore non abbisogna certo di conservanti o stabilizzanti, per cui la sua stessa freschezza costituisce una garanzia specifica di assenza di conservanti.
Ecco una breve lista di sostanze che possono trovare impiego in panificazione e prodotti da forno.
E300 Acido Ascorbico . Si tratta di un agente di trattamento delle farine con funzione antiossidante che viene a volte aggiunto alle farine di frumento in fase di produzione o confezionamento delle stesse e che ne migliora le caratteristiche reologiche. Ha la proprietà di decomporsi nel giro di poche settimane nel corso dell’immagazzinamento delle farine. Durante questo periodo ne aiuta il mantenimento ottimale agendo per l’appunto da antiossidante. Non si ritrova nel pane cotto e pertanto si tratta di un coadiuvante tecnologico a tutti gli effetti.
paste acide. Si tratta di paste ottenute per fermentazione naturale di impasti sono le cosidette “paste madri” ottenute fermentando impasti di farina di frumento e acqua con aggiunta di fermenti, normalmente “saccaromices cerevisiae” . Nel corso della maturazione dell’impasto si formano acido lattico ed acetico che determinano un abbassamento del’acidità dell’impasto con miglioramento sia delle qualità organolettiche che della conservabilità del pane. Aggiunte all’impasto da pane costituiscono la forma più antica di fermentazione panaria i cui prodotti vengono correntemente definiti come pani a lievitazione naturale.
Negli ultimi decenni l’industria delle materie prime per panificazione ha messo a punto processi di produzione di tali paste che vengono successivamente semplicemente essiccate e/o liofilizzate dalle aziende produttrici. Conseguentemente a taqli processi perdono del tutto o in parte le capacità fermentative ma possono essere utilizzate in aggiunta al lievito di birra nella preparazione del pane e dei lievitati da forno essenzialmente per migliorarne il sapore.
Estratti di malto : si tratta di malto ottenuto da cereali (normalmente grano o frumento). Le maltodestrine che vengono così apportate sono le stesse già presenti nelle farine di frumento ed hanno la funzione di aumentare il colore della crosta del pane (Sono zuccheri che agiscono per caramelizzazione durante la cottura) nonché, utilizzate in percentuali maggiori, dare al prodotto un leggero sapore dolce.
. Si utilizzano sia in forma solida (farine di malto) che in forma liquida (estratti di malto). Le loro caratteristiche e il loro utilizzo sono regolamentati dalle norme vigenti anche in materia di etichettatura.
Lecitina di soia (E322) : va comunque dichiarata essendo la soia un allergene. Trova impiego nei prodotti lievitati perlopiù in pasticceria da forno ma può essere utilizzata anche in panificazione. Rende gli impasti più estensibili e lavorabili e può allungare la shelf life del prodotto. Negli impasti che vengono surgelati può migliorare la conservazione e stabilizzare la fase di lievitazione.
Monodigliceridi degli acidi grassi: Vengono utilizzati come emulsionanti e stabilizzanti in varie preparazioni soprattutto dolciarie e da forno. Sono classificati con la sigla E471. Normalmente sono prodotti sinteticamente principalmente per agire come emulsionanti nella margarina ma con analoga funzione possono essere utilizzati nel panee nei prodotti da forno per conservarne la “morbidezza”. Vengono prodotti a partire dal glicerolo e dagli acidi grassi naturali.
Alfa amilasi Le amilasi sono gli enzimi già naturalmente presenti nelle farine che possono avere sia la forma alfa che beta. Agiscono sui legami glucosidici della molecola dell’amido. Entrambe le forme (alfa e beta) sono utili per favorire il processo di fermentazione dell’impasto e devono essere moderatamente attive. Se una farina è stata prodotta con grano germinato o conservato in ambiente umido, gli enzimi in esso contenuti sono molto attivi. Questa farina ha un notevole attività amilasica diventando poco panificabile, perché forma un impasto molto appiccicoso e il prodotto finito risulta di pessima qualità. Se l’amido ha un’attaccabilità alta e le sue amilasi sono molto attive, la farina sarà di forza debole, perché non avrà un alto assorbimento d’acqua. Invece, la farina avrà un buon assorbimento d’acqua, quindi sarà anche più forte, quando possiede una quantità sufficiente, ma non troppo alta, di amidi danneggiati e l’attività delle sue amilasi è moderata. L’aggiunta di alfa o beta amilasi va dichiarata.
Normalmente la lecitina di soia, i monodigliceridi e le alfa e beta amilasi così come l’acido ascorbico vengono utilizzati nella preparazione dei semilavorati per panificazione e pasticceria dalle aziende che producono gli stessi e dai mulini e non è il fornaio ad utilizzarli tal quali. Tali semilavorati ( i cosiddetti mix per panificazione e pasticceria) sono normalmente miscele di farine ed altri ingredienti (ad esempio farine di frumento, segale, orzo, mais, avena di più cereali premiscelate e/o arricchite con semi di lino, girasole, ecc… ) pronte per essere imastate con la semplice aggiunta di lievito di birra sale e acqua. I produttori di tali mix li aggiungono per rendere più lavorabile l’impasto che ne risulta.
Etanolo (alcool etilico) è utilizzato con funzione di antimuffa da molti produttori di pane in cassetta confezionato destinato a durate maggiori del fresco che deve essere venduto in giornata, come antimicrobico antimuffa . In questi prodotti il tasso di umidità è abbastanza alto da consentire la proliferazione delle muffe, cosa che normalmente non avviene nei prodotti secchi, come i crackers o i grissini. Il suo utilizzo è regolamentato per legge in modo molto preciso questo aspetto, in particolare, qualora si utilizzi l’etanolo, non possono essere utilizzati altri additivi antimicrobici (va utilizzato in sostituzione e mai insieme ad altri additivi) e va indicata in etichetta la dicitura “trattato con alcol etilico“.
Il trattamento con alcol è solo superficiale,
E281 propionato di sodio ed altri simili: si tratta di agenti antimuffa ma di interesse ed utilizzo da parte di produttori di prodotti destinati a essere conservati e non consumati freschi.